Si sente parlare sempre più spesso di Uncanny Valley con riferimento alla grafica digitale e al 3D. Ma il fenomeno riguarda anche l’aspetto dei robot con fattezze umanoidi, dei personaggi dei videogiochi e perfino degli avatar che utilizziamo online. Che cos’è, quindi, l’Uncanny Valley e perché fa tanto discutere?

Vi sarà capitato di trovarvi davanti a immagini e creazioni in 3D dall’aspetto molto realistico. E forse, guardandole, avrete provato una sorta di “malessere”. Questa sensazione è conosciuta con il nome di Uncanny Valley ed è molto più diffusa di quanto non crediate. In effetti, rappresenta uno dei grandi limiti della grafica 3D di nuova generazione.

Per gli artisti e gli sviluppatori digitali, l’Uncanny Valley è uno scoglio con cui confrontarsi. Ignorare questo effetto può avere conseguenze devastanti e affondare qualunque progetto creativo. Ecco perché è fondamentale capire cos’è, come si innesca e soprattutto cosa fare per evitarlo.

Così l’empatia diventa disgusto e perturbazione

Per molti aspetti, il fenomeno dell’Uncanny Valley è l’esatto opposto dell’empatia.

Gli esseri umani sono “programmati” geneticamente per provare delle risposte emotive nei confronti di altri esseri viventi. E non solo della stessa specie. L’empatia è il motivo per cui, ad esempio, alcune persone sono più ben disposte anche verso animali dall’aspetto insolito (come insetti o rettili). Altre, invece, provano fastidio anche alla vista di cani o gatti, ritenuti di aspetto più “piacevole”.

Infatti, quando non ci si trova di fronte a soggetti della stessa specie, la risposta emotiva varia moltissimo da individuo a individuo. In generale, però, l’empatia è maggiore tanto più “simile” a noi è il soggetto che abbiamo di fronte. Ma cosa succede se quest’ultimo è… “troppo” simile?

Uncanny Valley
Così realistico da risultare innaturale; è l’effetto Uncanny Valley

L’effetto Uncanny Valley si è verificato dapprima nel campo della robotica. Gli sviluppatori erano convinti che rendere robot e androidi esteticamente simili agli umani avrebbe scatenato una risposta emozionale positiva, ma l’effetto non fu quello sperato.

Maggiore era la verosimiglianza degli automi all’aspetto di esseri umani in carne ossa, maggiore era anche la sensazione di disagio negli osservatori. Questo fenomeno è quello che intendiamo con il termine Uncanny Valley, ovvero Valle della perturbazione.

Uncanny Valley; perché il 3D troppo realistico fa paura?

Esistono diverse teorie per spiegare il fenomeno dell’Uncanny Valley. Che, come si diceva in apertura, non è certo limitato alla “sola” robotica. Con l’insorgere di tecnologie 3D sempre più realistiche, l’Uncanny Valley è diventato una reazione comune anche di fronte alle grafiche di film o videogiochi.

Due esempi sono emblematici a questo proposito. Il primo riguarda la grafica 3D del film “Polar Express” di Robert Zemeckis, uscito nel 2004. Per realizzare le sue animazioni, Zemeckis ha utilizzato un mix di performance capture e CGI. I movimenti e le espressioni dei personaggi sono stati cioè “modellati” sulle riprese dell’attore Tom Hanks; la stessa tecnica che due anni dopo avrebbe portato alla “nascita” di Davy Jones nella saga dei Pirati dei Caraibi”.

Uncanny Valley e Polar Express
La grafica del film Polar Express fu criticata proprio per l’eccessivo realismo “innaturale” dei personaggi

A differenza del feroce pirata, i protagonisti di “Polar Express” sono però dei normalissimi esseri umani, quatto ragazzini in CGI ed ossa. E proprio qui nasce il problema.

Se Davy Jones aveva ancora un aspetto abbastanza “diverso” da un comune essere umano, con i suoi tratti pescioidi, per molti spettatori i personaggi del film di Zemeckis sono risultati innaturalmente realistici. Il loro aspetto iper-dettagliato che tradiva alcune “inesattezze”, come una certa rigidità degli arti o lo sguardo spento degli occhi artificiali, si è tradotto in una sensazione di intenso disagio. Appunto, l’Uncanny Valley.

Un altro esempio più recente possiamo trovarlo sempre nel campo della grafica d’animazione, con il film di “Sonic the Hedgehog”. I suoi lineamenti, molto più realistici del corrispettivo videoludico, creavano disgusto e repulsione negli spettatori fin dal trailer. La casa produttrice è corsa ai ripari, posticipando l’uscita del film e rimodellando completamente il personaggio di Sonic in 3D.

Come si scatena l’Uncanny Valley

Dai due esempi di cui sopra possiamo trarre alcune osservazioni sul fenomeno dell’Uncanny Valley.

In primo luogo, esso non si limita alla sola percezione di rendering troppo dettagliato di soggetti o personaggi umani. E’ il caso di Sonic, che anche nella sua prima versione non poteva certo essere scambiato per un essere umano. Tuttavia i suoi lineamenti erano troppo “realistici”; è il caso degli occhi, dei denti e delle espressioni del viso. Anche il livello di dettaglio della sua pelliccia contribuiva a “estraniare” il personaggio e ispirare repulsione.

Ma perché il realismo in 3D può farci tanto ribrezzo? Il motivo, secondo alcuni teorici dell’Uncanny Valley, va ricercato nella dissonanza con l’aspetto di un essere vivente in salute. Maggiore è la somiglianza “visiva” con un soggetto in carne ed ossa, più il nostro cervello registra queste dissonanze, per quanto microscopiche.

Quando il 3D non disturba
Texture e paesaggi realistici sono percepiti in maniera diversa se il personaggio è molto cartoonesco

L’esempio più comune si ritrova nel movimento degli occhi. In questo caso si parla di “dead eyes” perché la sensazione è quella che dietro a quegli occhi così realistici non ci sia “vita”. Di conseguenza il cervello “etichetta” la rappresentazione 3D come una specie di “zombie”, qualcosa che “sembra” vivo ma non lo è. O che, per estremi, potrebbe essere malato e quindi pericoloso. Lo stesso effetto può essere scatenato dai movimenti della pelle sintetica  o dalla texture applicata a capelli e tessuti.

Per i designer la sfida è proprio quella di evitare un realismo “esasperato”. Una soluzione può essere quella di giocare con le proporzioni facciali, avvicinandosi di più alla resa grafica tipica del fumetto o dell’animazione 2D. In linea di massima, maggiore è il realismo, più bisognerà inserire elementi “stranianti” che non scatenino reazioni avverse nel cervello dell’utente o dello spettatore.