This Will Not End Well è un titolo provocatorio. Anzi per alcuni è una vera e propria minaccia che l’autore Nan Goldin ha voluto lanciare a tutti i suoi spettatori in Pirelli HangarBicocca. Obiettivo? Far capire che il vortice emotivo in cui ognuno di noi è trasportato giornalmente non porterà a nulla di buono. Una volta che si è entrati in questo tunnel è difficile uscirne. Vediamo quindi come e perché vedere questa mostra.
This Will Not End Well: sei stanze, sei confessioni visive
Quello che vi proponiamo oggi nella sezione arte è un progetto unico nel suo genere. Una retrospettiva fotografica con scatti incorniciati e appesi alle pareti che si articola in 6 installazioni immersive. This Will Not End Well è una mostra strutturata per padigilioni progettati dall’archietetta Hala Wardé. Ognuno di questi padiglioni è dedicato ad una delle slideshow/film realizzate dall’autore – Nan Goldin – tra gli anni ’70 e il 2022.
Ma perché è così particolare? Come prima cosa quello che si nota è che all’entrata della mostra gli spazi assorbono completamente il visitatore e lo proiettano in una sorta di mondo parallelo. Luci basse, immagini che scorrono in loop, suoni di sottofondo, nessuna didascalia.

La prima opera che colpisce è The Ballad of Sexual Dependency, dove si può osservare il ciclo più celebre dell’artista. Centinaia di diapositive che si susseguono al ritmo di Velvet Underground e Nina Simone. Un’esperienza che porta con sé un grande senso di amore e dipendenza, bellezza e autodistruzione.
Il cuore crudo e luminoso della mostra
Il focus di This Will Not End Well è l’autobiografia. Un cuore pulsante, narcisistico, radicale e sincero. The Other Side – la nostra foto copertina – è un omaggio struggente agli amici trans e drag queen che Goldin ha frequentato negli anni ’70 e ’80. Questa foto, come tante altre, trasmette tenerezza e amore in maniera disarmante verso un comparto della società che forse non verrà apprezzato davvero.
Nonostante questo i soggetti di Goldin sono veri, fieri, esteticamente puliti anche se sembrano patinati. Sono protagonisti di un’era che l’autore ha vissuto e che oggi è mutata in una società spezzata da suoni distorti.

Anche il padiglione Memory Lost, che affronta il tema della dipendenza da oppiacei, mostra proprio questo: l’uomo vive un costante viaggio allucinato, dove il confine tra ciò che si pensa, ciò che è vero e ciò che non lo è è davvero labile. Un circolo vizioso senza uscita che porta l’uomo, quello che pensa, ad avere fame d’aria e paura della propria esistenza.
Non a caso Nan Goldin è stato spesso definito “fotografo bohemien” proprio per questa sua visione, che nasce nel sottobosco dell’arte degli anni ’80, tra loft di NY, corpi nudi e feste senza fine.
This Will Not End Well è anche un invito a guardare
Come abbiamo anticipato all’inizio, il titolo, This Will Not End Well, sembra quasi essere una beffa nei confronti dello spettatore. Ma la realtà è che Goldin vuole portare chi guarda a vedere, ad acquisire occhio empatico. Ecco perché non finirà bene, perché forse a fine mostra si saranno solo viste delle belle foto, ma non ci si sarà immedesimati nei soggetti.
La mostra può essere vista fino al prossimo 26 febbraio 2026 e vi consigliamo di andare se siete in quel di Milano. Se cercate qualcosa che vi lasci spaesati e al tempo stesso pieni è sicuramente quello che fa per voi. Goldin fotografa la realtà e la attraversa e se ami l’arte graffiante che guarda oltre, dovresti vederla.