Avrete sicuramente visto anche voi quei pupazzi che non piacciono a nessuno, ma di cui tutti parlano. Influenze, collezionisti e giovani della Gen Z sono completamente presi da questa moda, che rappresenta però una sorta di fenomeno misterioso perché – appunto – tutti li vogliono ma sono inquietanti e alla fine sembrano non piacere veramente a nessuno. Il protagonista di questo paradosso si chiama LABUBU una serie di pupazzi contratti bizzarri e stravaganti, nata dalla fantasia dell’artista belga di origine cinese Kasing Lung. Scopriamo insieme questo fenomeno dei pupazzi dal sorriso pieno di denti aguzzi, gli occhioni spalancati e il corpo sproporzionato.
Le origini di LABUBU
LABUBU nasce dalla mente di un artista. Kasing Lung ha iniziato la sua carriera illustrando libri per bambini, ma la sua immaginazione lo ha portato oltre i confini dell’editoria. E qui che inizia a creare un intero universo narrativo chiamato “The Monsters”, universo è popolato da creature fantastiche e malinconiche.
Tra queste creature ci sono i LABUBU che sono poi quelli che hanno maggiormente colpito nel segno. Personaggi che nascono da un disegno e prendono forma in modalità vinile grazie alla collaborazione con Pop Mart, un’azienda cinese specializzata in Art Toys venduti in blind box. Se non sapete cosa sono ve lo spieghiamo noi: scatole chiuse che non rivelano quali figure contengono fino a che non si aprono.

Inizialmente sono stati venduti in Asia, durante eventi e fiere specializzate con una tiratura limitata e una distribuzione diretta, ma poi il fenomeno a cominciato a dilagare, in particolare si è sviluppato tramite i social, e ogni nuova versione ha riscosso successo mediatico tanto che ora vengono rivenduti a prezzi esorbitanti.
Un fenomeno tra arte e marketing
Questo fenomeno di cui parliamo oggi è la dimostrazione di quanto il confine tra arte e marketing oggi sia sottile, spesso inesistente. Con i LABUBU da un lato abbiamo la creazione artistica vera e propria, dove ogni modello a una paletta curata, una storia narrativa e dettagli precisi. Dall’altro però è anche un prodotto di marketing geniale, realizzato in edizioni limitate, per collezioni stagionali e tirature segrete o collaborazioni esclusive.
Insomma, tutto è pensato per generare urgenza, desiderio e FOMO, ovvero fear of missing out, la paura di perdersi qualcosa che tutti gli hanno. Il packaging delle serie misteriose permette di aumentare l’hype sulle versioni ultra rare che possono essere scoperte solo aprendo decine e decine di scatoline. Ogni aspetto della realizzazione della compravendita di questi prodotti segue la logica del collezionismo compulsivo che per come è strutturata la società di oggi funziona benissimo.
Funziona talmente bene che anche chi inizialmente resta perplesso davanti all‘estetica disturbante di questi pupazzi finisce poi per cedere, poi per curiosità o per moda, e ne acquista almeno uno.
Estetica strana, ma irresistibile dei LABUBU
Vediamo ora quello che è il design di questi pupazzi virali, un design che colpisce proprio perché è tutt’altro che quello che ci si aspetterebbe da un “pupazzo carino”. I LABUBU non sono morbidi, né dolci nel senso più classico del termine. Hanno un che di perturbante e richiamano atmosfere gotiche e boschive.
C’è qualcosa di kawaii giapponese ma rivisitato in chiave dark che crea un’ambiguità che poi parte del successo di questi prodotti. Sono personaggi difficili da inquadrare ma impossibili da dimenticare. Questi pupazzi esprimono emozioni complesse tipiche dell’essere umano come la malinconia, l’inquietudine l’ironia. Emozioni che gli permettono di parlare a pubblici diversi e che quindi lo rendono un prodotto versatile.

Un oggetto da collezione che è diventato anche un fenomeno di cultura visiva. In particolare le versioni limitate sono quelle che finiscono ad esaurimento in pochi minuti dal momento del lancio. Durante gli eventi Pop Mart arrivano fanno da tutto il mondo per acquistare in anteprima l’ultimo LABUBU limited edition. Non solo, esistono anche intere community online dedicate solo allo scambio alla caccia delle varianti più rare. Alcuni di questi pupazzi sono stati anche esposti in gallerie e il merchandising a prezzi che puntano alle stelle.
Quando l’arte si trasforma in un brand
Un po’ come aveva preannunciato Andy Warhol, l’arte oggi si è ufficialmente trasformata in un brand potente. Grazie ad una visione chiara e ad una Community attiva, oltre che ad un marketing che sa giocare con il concetto di desiderio, LABUBU divide, confonde e affascina.
È strano perché non piace a tutti, proprio come molti tipi di arte, ma resta impresso, come ogni fenomeno nato da un’idea artistica. Questi pupazzi rimangono impressi nella mente di chi li guarda perché viviamo un mondo in cui tutto è omologato, fatto di immagini tutte uguali. In questo mondo LABUBU a saputo imporsi con un’identità forte e originale diventando un oggetto kitsch ma al tempo stesso desiderato che unisce il linguaggio dell’arte con le dinamiche più intelligenti del marketing contemporaneo.