Fernando Botero, il pittore colombiano delle curve morbide è venuto a mancare lo scorso 15 settembre 2023, all’età di 91 anni. Noi vogliamo ricordarlo così.

“Un artista è attratto da certi tipi di forme senza saperne il motivo. Prima adotto una posizione per istinto, e solo in un secondo tempo cerco di razionalizzarla o anche di giustificarla” – Fernando Botero.

Chi era Fernando Botero

Fernando Botero è stato un artista, pittore, sculture e disegnatore colombiano.

Fernando Botero
Fernando Botero

Nasce il 19 aprile del 1923, a Medellin, in Colombia. Si avvicina alla pittura e all’arte sin dalla tenera età. Sin da bambini, infatti, Fernando è attratto dall’architettura barocca e dalle illustrazioni della Divina Commedia di Dante Alighieri.

L’artista adorava la sua città natale a tal punto che, in una dichiarazione più avanti nel corso della sua vita, disse di non aver mai dipinto nulla che non gli ricordasse la sua Medellin.

Nel 1948, ad appena 25 anni, espone per la prima volta a Medellin. Nel 1952 vince il premio dedicato agli artisti colombiani. Ma la svolta arriva quando inizia a viaggiare per l’Europa, dapprima in Spagna e poi in Italia.

Torna, infine, in Sud America con un bagaglio culturale estremamente arricchito e continua la sua carriera d’artista, di pari passo a quella di insegnante d’arte.

L’artista decide, infine, di passare gli ultimi giorni della sua vita nella sua casa di Monaco, dove è venuto a mancare il 15 settembre del 2023, all’età di 91 anni.

Lo stile artistico

Lo stile artistico di Fernando Botero è un po’ guidato dal suo istinto, come egli stesso affermava. Il colore è importante, rimane sempre tenue. Non troveremo mai un’opera di Botero con colori troppo vivi o accentuati. L’essenza dei dipinti sono le ombreggiature.

El gato
El gato

Oltre alle figure dilatate che conosciamo bene, un altro elemento molto importante nelle opere dell’artista colombiano è il tempo. Il tempo può essere rappresentato da un orologio o da un personaggio, raffigurato in tempi e in contesti differenti.

Molto importante è il contesto sociale dove è nato l’artista. C’è sempre un po’ della Colombia degli anni ’40 nelle sue opere.

I personaggi di Botero

L’artista è conosciuto per le sue forme morbide. Egli, infatti, era solito rappresentare figure umane (e non solo) con qualche chilo in più.

Anche i paesaggi e gli oggetti acquistano delle forme insolite. Anch’essi, insieme i personaggi, si allargano.

Un’altra caratteristica tipica dei personaggi rappresentati da Botero è la privazione dei sentimenti. Essi non sembrano né tristi né felici. Semplicemente hanno lo sguardo assente e perso nel vuoto.

“Credo che l’arte debba dare all’uomo momenti di felicità, un rifugio di esistenza straordinaria, parallela a quella quotidiana. Invece gli artisti oggi preferiscono lo shock e credono che basti provocare scandalo. La povertà dell’arte contemporanea è terribile, ma nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo” – Fernando Botero.

Le opere più importanti

Tra le opere più importanti di Botero troviamo la “Monalisa”, ispirata, ovviamente, alla Monalisa di Leonardo Da Vinci. Quella per la Gioconda fu una vera e propria ossessione per l’artista colombiano che, nel corso della sua vita, realizzò diversi dipinti ad essa ispirati.

La Monalisa
La Monalisa

C’è, poi, “La donna allo specchio”, un’imponente scultura in bronzo, dal peso di mille chili, esposta a Madrid, in Calle De Genova, di fronte a Plaza de Colon. Sempre a Madrid troviamo “La mano”, un’altra imponente opera in bronzo del peso di 500 chilogrammi.

Nella Cappella della Misericordia di Pietrasanta troviamo due affreschi dell’artista colombiano: “La porta del Paradiso” e “La porta dell’inferno”.

Sulla Rambla, a Barcellona, troviamo un’altra scultura di Botero: “El gato”, un enorme gatto di 2,5 metri di altezza e 5 di lunghezza.

Infine, nella serie “Abu Ghraib” Botero mette in scena diverse denunce sociali, tra le quali troviamo le denunce contro le violenze in carcere e quelle contro lo scandalo delle torture e degli stupri perpetrati dall’esercito americano nella prigione irachena di “Abu Ghraib”.