Se siete appassionati di fotografia allora saprete già chi è Steve McCurry. Un fotografo che evoca immediatamente immagini potenti, ritratti indimenticabili e un modo di raccontare il mondo che ha rivoluzionato la fotografia contemporanea. La mostra Orizzonti Lontani a Palazzo Pigorini di Parma è il tributo della città emiliana ad uno dei più grandi narratori visivi del nostro tempo. Un’occasione preziosa per immergersi nell’universo del celebre fotografo americano, autore di scatti che hanno plasmato l’immaginario collettivo.
Steve McCurry e il percorso emozionale della mostra
L’esposizione di Parma Orizzonti Lontani (22 novembre 2025 – 12 aprile 2026) si struttura come un percorso emozionale. Più che guarda cronologicamente le opere di Steve McCurry, il visitatore verrà accompagnato in un viaggio attraverso le culture, i volti e le storie che il fotografo ha incrociato nel corso della sua lunga carriera.
Parma, con la sua tradizione artistica e la sua vocazione culturale, diventa dunque lo scenario ideale per accogliere un corpus di opere che unisce rigore compositivo e profonda sensibilità umana. Non a caso, l’obiettivo della mostra è creare un dialogo tra la città e le immagini di McCurry. Fin dall’ingresso in mostra, infatti, si percepisce la volontà di creare un dialogo tra la poetica dell’artista e lo spirito di Parma.
Le sale, allestite per valorizzare luci, cromie e silenzi, accompagnano gli spettatori in un crescendo visivo che alterna grandi fotografie iconiche a scatti meno noti, ma altrettanto ricchi di significato.

Non mancano ovviamente i capolavori più celebri, come il ritratto della “ragazza afgana”, icona assoluta del fotogiornalismo. Ma il vero cuore del percorso è rappresentato dalle immagini che raccontano l’umanità nella sua quotidianità, in scenari spesso difficili eppure permeati di dignità, forza e speranza.
La poetica dello sguardo secondo McCurry
Uno degli elementi che emergono con più forza in questa mostra è l’attenzione di Steve McCurry per gli sguardi. Gli occhi delle persone ritratte diventano portatori di un linguaggio universale: parlano di paura, gioia, resistenza, desiderio, memoria. Ogni fotografia è costruita come un racconto sospeso, un frammento di vita che riesce a valicare il semplice dato documentario per trasformarsi in narrazione.
La grandezza di McCurry sta nella capacità di cogliere l’attimo, ma soprattutto di stabilire una relazione empatica con i suoi soggetti. Non si percepisce mai un atteggiamento invadente: il suo obiettivo diventa un ponte che permette allo spettatore di avvicinarsi, ma sempre con rispetto e delicatezza.
Colori che diventano emozioni
L’altro tratto distintivo di Orizzonti Lontani è l’esaltazione del colore. Steve McCurry utilizza tonalità saturate, quasi pittoriche, per amplificare la forza emotiva dei suoi scatti. I rossi intensi dei sari indiani, i blu delle architetture asiatiche, i verdi della natura incontaminata emergono come protagonisti silenziosi che contribuiscono a definire l’atmosfera delle immagini.
Questi colori non sono mai un semplice elemento estetico, ma anzi rappresentano un linguaggio culturale, sensoriale, talvolta spirituale. A Parma, l’allestimento valorizza ulteriormente questo aspetto, modulando luci e spazi per immergere il visitatore in una sorta di “bagno cromatico”. “Bagno” che vuole essere anche un po’ catartico per lo spettatore, che, come vedremo nei prossimi paragrafi, viene invitato a guardare oltre il proprio orticello.
Un invito a guardare più lontano
La mostra Orizzonti Lontani offre molto più di una retrospettiva fotografica: è un invito a riflettere sul ruolo dell’immagine nel raccontare la complessità del mondo contemporaneo. Steve McCurry, pur essendo un maestro del fotogiornalismo, supera i confini della cronaca per restituire un punto di vista etico e allo stesso tempo profondamente poetico.

Ed è proprio su questo aspetto che gioca tutta la mostra parmense: in un momento storico molto delicato in cui tutto è veloce e diretto, gli scatti dell’autore americano ci chiedono di fermarci, di osservare e ascoltare. Ogni fotografia diventa una pausa, un frammento di silenzio che ci permette di riconnetterci con ciò che spesso sfugge: la bellezza delle diversità, la fragilità delle esistenze, la forza delle emozioni.


