Artisti, architetti e ingegneri dello spazio virtuale utilizzano oggi un sistema detto Point Cloud, per rappresentare un oggetto o un’immagine nello spazio digitale. Tuttavia, questa tecnica che oggi si sperimenta nella realtà virtuale ha radici profonde. Possiamo definire il Point Cloud il puntinismo digitale, perché furono proprio i puntinisti del XIX secolo i precursori di questa tecnica.

Storia del puntinismo

Per capire il Point Cloud odierno dobbiamo prima rivedere il puntinismo del XIX secolo. Siamo nella Parigi dell’epoca e un gruppo di pittori, capeggiati da George Seurat, vuole tramutare l’impressionismo in logica, avvalendosi di una base scientifica.

Tale base scientifica utilizza principi matematici e fisici, come la teoria del colore, la percezione visiva e la fisica dell’ottica.

Secondo il gruppo di pittori piccoli tocchi di colori separati, se visti da lontano, si fondono in una combinazione unica e armoniosa.

I punti di colore, tra di loro complementari, non vengono fusi insieme come nella pittura classica, ma vengono accostati l’uno all’altro, senza mescolarli. I pittori cercano di imitare i fenomeni luminosi, della luce e della natura corpuscolare. Fenomeni descritti dalla scienza.

Sebbene il disegno non sia realmente amalgamato gli occhi dell’osservatore lo percepiranno come tale.

Point Cloud: dal puntinismo pittorico al puntinismo digitale

La tecnica definita Point Cloud sembra essere il successore del puntinismo del XIX secolo.

In the eyes of the animal
In the eyes of the animal

Anch’esso, infatti, è un insieme di punti non amalgamati tra di loro ma che, a un occhio esterno, sembrano una pittura unica.

Questa tecnica utilizza un insieme di punti rappresentati nello spazio digitale, descritti con le coordinate spaziale X, Y e Z, i quali utilizzano i valori cromatici RGB.

Possiamo anche determinare la definizione dell’oggetto o dell’immagine, definendo la densità dei punti di colore e la distanza tra l’uno e l’altro.

Opere di Point Cloud

Esistono anche dei veri e propri puntinisti moderni. A capeggiare i puntisti del XXI secolo è il collettivo londinese Marshmallow Laser Feast.

In the eyes of the animal
In the eyes of the animal

Il collettivo ha realizzato un’opera immersiva e interattiva con la tecnica di Point Cloud incredibile e suggestiva, chiamata In the eyes of the animals.

“L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi” – Marcel Proust.

L’opera consiste nella rappresentazione digitale della foresta di Grizedale, in Inghilterra, attraverso una combinazione di tecniche, le quali includono anche il Point Cloud. Questa combinazione di tecniche ci porta attraverso a un viaggio visivo e sensoriale, alla scoperta del paesaggio attraverso gli occhi di una libellula, di un moscerino, di una rana e di un gufo.

Una seconda installazione, sempre del collettivo londinese, chiamata The invisible Rainforest, ci porta in una simulazione in realtà virtuale di come l’acqua e l’anidride carbonica fluiscono attraverso una sequoia gigante.

Point Cloud e architettura digitale

Il professor Andrew Sanders ha utilizzato la stessa tecnica del Point Cloud per scansionare e riprodurre in versione digitale diverse architetture barocche italiane. Nel progetto ha incluso le opere del Borromini, del Bernini, ecc.

Rocinha
Rocinha

Utilizzare il Point Cloud in questo campo pone l’architettura sotto una prospettiva del tutto nuovo. Una riproduzione digitale non più lineare come avveniva in passato, ma un insieme di punti che produce sfumature e gradienti.

Una nuvola di punti che si differenzia per intensità e spaziatura, che crea trasparenze, densificazioni, profondità e risoluzioni variabili.

Il laboratorio digitale del MIT Senseable City Lab, invece, ha utilizzato la tecnica del Point Cloud per scansionare e digitalizzare Rocinha, la più grande favelas del Brasile. I ricercatori hanno generato 300.000 punti al secondo e digitalizzato 1,5 chilometri quadrati di Rocinha.

Il lavoro del MIT Senseable City Lab non può essere paragonato ai rilevamenti di Google Street View. Quest’ultimi, infatti, non sono precisi quanto quelli del Point Cloud, che si rivelano essere altamente precisi, al millimetro.