A Roma, il Museo Storico della Fanteria ospita la mostra “Gauguin. Il diario di Noa Noa e altre avventure”, un percorso che accompagna il visitatore dentro l’immaginario di uno degli artisti più visionari dell’Ottocento. Oltre cento opere tra disegni, incisioni e pagine di diario svelano come Paul Gauguin abbia trasformato il suo bisogno di fuga, spiritualità e libertà in un linguaggio fatto di colore, segno e narrazione.
In queste tre dimensioni si condensano l’anima inquieta del pittore e la sua volontà di reinventare l’arte come esperienza totale.
Gaugin e il Colore come linguaggio dell’anima
Chi conosce l’artista sa che per Gaugin il colore è sempre stato lo strumento per trasmettere le emozioni. I suoi lavori sono opere che evocano mondi lontani dove la protagonista non è la luce come nei quadri impressionisti, ma piuttosto la campitura piatta dove le tonalità intense aiutano l’occhio e la mente ad andare verso luoghi da sogno, quasi mitologici per l’epoca.
A Tahiti, dove l’artista ha trovato la sua anima e il suo centro, il colore diventa il simbolo di una purezza perduta: il rosso della terra, il giallo della luce tropicale, il blu profondo dell’oceano sono elementi di una tavolozza che parla di libertà e sensualità.

In mostra a Roma, la forza cromatica emerge anche dalle xilografie e dalle litografie legate al suo Diario di Noa Noa, dove il colore — pur ridotto o suggerito — continua a essere protagonista, come memoria visiva dei paesaggi polinesiani. Attraverso il colore, l’artista cerca una verità interiore. Non vuole rappresentare il mondo, ma lo ricrea secondo la propria visione.
Segno: traccia, sintesi e spiritualità
Altra caratteristica di Gauguin è il suo segno. Una forma di scrittura, fatta di linee nette, contorni marcati e superfici essenziali che definiscono un linguaggio personale che punta ad unire primitivismo e modernità.
I Disegni e le incisioni esposti a Roma mostrano un artista che pensa per immagini. Ogni tratto è carico di intenzione, ogni figura nasce da un gesto meditato. Il segno diventa così atto spirituale, una traccia che unisce pensiero e materia. Mentre il colore vibra e racconta emozioni, la linea ordina e spiritualizza la visione. Questa tensione tra istinto e forma è ciò che rende Gauguin un innovatore. Il suo segno non imita, ma interpreta la realtà, lasciando spazio al mistero e al simbolo.

Così fa anche la narrazione che è il filo che tiene insieme tutta l’opera dell’artista. Pittura, scrittura e incisione vanno ad intrecciarsi in un racconto autobiografico che fonde realtà e sogno. Il Diario di Noa Noa protagonista della mostra, scritto dopo il primo soggiorno tahitiano, è l’esempio perfetto di questa fusione, dove le parole e le immagini dialogano per costruire un mito personale, il nuovo Eden dell’artista.
Perché vedere Gaugin a Roma?
La mostra romana ricostruisce questo viaggio interiore e culturale, mostrando come ogni opera diventi pagina di un racconto visivo. Le figure femminili, i simboli religiosi, le scene quotidiane dell’isola assumono un valore universale: parlano di libertà, solitudine e ricerca del sacro.
“Gauguin. Il diario di Noa Noa e altre avventure” offre dunque una prospettiva inedita sull’artista francese, mettendo in dialogo i suoi lavori grafici e le sue parole. Un artista che è riuscito a trasformare la pittura in una forma di narrazione poetica, dove ogni segno e ogni colore raccontano ancora oggi un frammento del suo mondo interiore.
Attraverso colore, segno e narrazione, emerge un linguaggio che unisce il visibile e l’invisibile, la vita e il sogno. Vedere la mostra significa osservare, ma anche partecipare al viaggio dell’artista, vedendo con i suoi occhi un mondo più autentico e interiore.


