Quante volte abbiamo sentito dire le cose di un tempo non si rompevano mai, le cose di un tempo erano fatte bene. Quegli oggetti di uso comune, tramandati dalla nonna, quelli che ancora funzionano, quelli che i collezionisti chiamerebbero “vintage”, ma che in realtà sono ancora utilissimi, proprio perché erano fatti bene. Ecco quello è il vero design. Il design di piccoli oggetti intramontabili, che racchiudono storie di aziende, di famiglie, di sogni e di amore. Quegli oggetti li conosciamo tutti, anche se non tutti direbbero che sono di “design”. Ma è per far conoscere quelle storie che racchiudono che è nato Fattobene, un progetto di Anna Lagorio e Alex Carnevali.

Piccoli, umili, economici e funzionali

Nella collezione di Fattobene non troveremo la Vespa, non troveremo il maggiolino o un diamante prezioso. Per entrare a far parte della collezione gli oggetti devono essere piccoli, pratici, economici. Oggetti umili, che ci riportano alla mente i ricordi d’infanzia.

Fattobene
Piccoli, umili, economici e funzionali, sono gli oggetti scelti per la collezione di Anna e Alex

Inoltre, questi oggetti non devono aver subito re-styling nel corso degli anni, non devono aver subito modifiche sostanziali nemmeno alla confezione. Non sono i classici oggetti di design, non portano le firme degli artisti più importanti.

Come dicono i creatori della collezione, per diventare un oggetto di Fattobene, essi devono essere il più possibile marketing-free. E non dimentichiamoci che stiamo parlando di oggetti italiani. Questo deve essere un must assoluto per entrare a far parte della collezione.

“Sono oggetti di uso quotidiano nelle case e nei posti di lavori e la gente li comprerà perché non seguono le mode, non hanno problemi di simboli di classe, sono oggetti ben progettati e non importa da chi. Questo è il vero design” – Bruno Munari.

Alcuni oggetti di Fattobene

Se ancora non riusciamo a capire bene cosa intendono Anna e Alex con piccoli oggetti di design Fattobene, scopriamo insieme alcuni componenti della collezione.

Fattobene
Alcuni degli oggetti di Fattobene

Le carte Modiano, sì, proprio quelle che il nonno tira fuori dalla cassettiera a Natale. Quelle un po’ consumate sugli angoli. Pensavate che non fossero un oggetto di design, e invece vi sbagliavate. Esse racchiudono la storia di tutte le famiglie italiane. Storie di nonni seduti al tavolo a giocare con i nipoti. Storie di zii che sbagliano di proposito per far vincere i più piccoli. Questo è il vero valore degli oggetti di Fattobene.

La coccoina, invece, ve la ricordate? Anche quello è un oggetto di Fattobene. E la cucitrice Zenith? Nemmeno quella mancava mai nella casa della nonna. Che poi chissà cosa doveva farci la nonna con una spillatrice.

E il Crystal Ball? Ancora oggi si trova in quale negozio. E sapete quale è la cosa incredibile? Che non è cambiato di una virgola, nemmeno la confezione!

E ancora, l’Amarena Fabbri, la Cedrata Tassoni, le Pastiglie Leone, il dentifricio Marvis, la pasta lucidante Matallor, i Chiodini, la colla Artiglio o la liquirizia Amarelli.

La nascita di Fattobene

Il progetto è nato inizialmente come un progetto editoriale. Ma dopo aver raccolto e condiviso le storie dei primi prodotti la gente ha iniziato a contattare il team di Fattobene, per chiedere loro dove acquistare quegli oggetti.

Ed è così che, per Natale 2016 è uscito il primo box, con cinque oggetti italiani di design fatti bene.

Fattobene
La scatola n°1 di Fattobene, realizzata per Natale 2016, ma ancora disponibile sullo shop

“Un viaggio in miniatura nel patrimonio industriale italiano attraverso cinque icone senza tempo”.

I cinque oggetti erano: la Carta Aromatica d’Eritrea, un Canovaccio in cotone e lino a spina di pesce, la Coccoina, un quaderno Tassotti e il sapone Pratolina.

Oggi lo shop di Fattobene racchiude circa 150 prodotti, dalla cura del corpo, alla casa, dai giocattoli agli oggetti da scrivania. Inoltre è possibile acquistare il libro, dove sono racchiuse le storie degli oggetti, delle aziende, che hanno fatto la storia dell’italiana, attraversando più di un secolo e due guerre mondiali. E chissà se nella prossima edizione si racconterà anche di come abbiano attraversato indenni una pandemia.