Non è la prima volta che ne parliamo. Il visual Storytelling è uno dei linguaggi più efficaci ad oggi quando si parla di comunicazione. Raccontare storie attraverso immagini significa riuscire a trovare un livello immediato di connessione che supera barriere linguistiche e culturali. Non a caso è un modello di comunicazione utilizzato non soltanto nelle campagne digitali ma anche all’interno dei musei. Un approccio che permette di costruire narrazioni capaci di coinvolgere, emozionare ed informare. Oggi approfondiamo ancora una volta l’argomento vedendo come sia importante utilizzare le immagini giuste che non sono più soltanto semplici supporti ad un testo, ma vere protagoniste del racconto in grado di guidare l’interpretazione e l’esperienza del pubblico.
Il museo come spazio narrativo
Partiamo dal contesto museale. Qui il visual Storytelling ha ormai assunto un ruolo centrale nel rinnovamento dell’esperienza espositiva. Un modello di comunicazione utilizzato per presentare le opere non più come oggetti isolati, ma come concept inseriti in percorsi narrativi che ne valorizzano il contesto storico, sociale ed emotivo.
Andare al museo oggi significa immergersi in allestimenti immersivi, installazioni multimediali e supporti visivi interattivi. Tutto a come obiettivo trasformare la visita in un racconto progressivo. Il museo diventa così un luogo in cui la conoscenza si costruisce attraverso immagini, suggestioni e connessioni visive, rendendo la cultura molto più accessibile e coinvolgente.

Per far questo si utilizza un modello di comunicazione che attiva la memoria emotiva. Le immagini hanno infatti il potere di restare impresso è molto più allungo rispetto alle parole, soprattutto se sono inserite in una narrazione coerente. Nei musei questo concetto viene realizzato creando esperienze che il visitatore ricorda nel tempo. Stessa cosa per le campagne digitali, che oggi costruiscono messaggi che emergono nel flusso continuo dei contenuti online, dove l’emozione diventa il ponte tra chi racconta e chi guarda.
Visual storytelling e brand identity
Quando nel 2021 abbiamo parlato di visual Storytelling e algoritmi (se vi siete persi il contenuto ve lo lasciamo qui a questo link), parlammo di analfabetismo visivo. Negli anni questa tendenza si è trasformata in qualcosa di concreto, per questo motivo ad oggi le immagini sono necessarie per trasmettere messaggi culturali importanti.
Brand e istituzioni culturali stanno infatti sfruttando questo modello di comunicazione per costruire un’identità forte, trasmettere la propria mission e creare legami con il pubblico. Le immagini sono ormai diventate strumenti strategici che sono capaci di dare forma visiva a concetti astratti come fiducia, innovazione e sostenibilità.

Ecco quindi che la comunicazione digitale si pone come un’evoluzione del racconto artistico di un tempo dove le immagini raccontavano una storia e oggi fanno altrettanto ma in maniera più rapida e competitiva.
Le piattaforme digitali e i nuovi formati
Per i motivi che vi abbiamo descritto sopra non soltanto i musei e le istituzioni culturali stanno lavorando con il visual Storytelling. Anche le piattaforme digitali hanno ampliato le possibilità di questo modello di comunicazione introducendo formati dinamici e interattivi.
Vanno sempre per la maggiore video brevi, animazioni, esperienze Immersive che puntano ad aumentare l’Engagement con contenuti verticali che raccontano storie in maniera frammentata, ma coerente. La sfida sta nel cercare di mantenere una narrazione chiara in pochi secondi. Per farlo si sfruttano le immagini che catturano l’attenzione e i ganci testuali, al punto che fare visual Storytelling diventa un esercizio di sintesi e precisione narrativa.
L’elemento chiave è coinvolgere il pubblico e renderlo partecipativo. L’utente deve guardare, interpretare e condividere. Deve sentirsi parte del contenuto, perché non è più soltanto uno spettatore ma appartiene a quell’esperienza che viene mostrata nell’immagine o nel video. La narrazione visiva diventa così un dialogo aperto, per certi aspetti senza fine.


