Decode apre la strada all’arte basata sui dati, con una mostra dedicata all’arte generativa. Di cosa si tratta? L’arte generativa è un genere che incorpora fattori esterni, come il caso, i dati o altri elementi autonomi, per influenzare le caratteristiche di un’opera d’arte. Nonostante sia maggiormente conosciuta come “computer art”, l’arte generativa può essere realizzata in tanti modi diversi. Per farvi un esempio pratico: già nel 1757, Johann Kirnberger usò dei dadi per determinare l’ordine delle varie sezioni di musica che aveva scritto, creando uno dei primi esempi di musica generativa. Vediamola nel dettaglio in questo articolo.

Decode e l’arte generativa
Ogni volta che un elemento di un’opera d’arte è determinato al di fuori dell’artista, si tratta di arte generativa. Ovviamente, utilizzare il codice informatico, è la forma più semplice e diretta di rappresentare questo tipo di arte. Molti linguaggi di programmazione dispongono di framework per la generazione di opere d’arte. Una delle librerie più popolari è la libreria javascript p5 (p5js). Gli artisti digitali possono creare un numero infinito di iterazioni per le loro opere, attraverso l’utilizzo di variabili casuali.
Ogni esecuzione del programma può produrre una nuova opera d’arte che sorprende persino l’artista. Mi piace davvero tantissimo questo aspetto: è come se il programma, in un certo senso, potesse collaborare con l’artista. Anche io mi sono divertita abbastanza a creare arte generativa con questa tipologia.
Un esempio pratico è quello di un’artista che ha creato un’opera chiamata “reef” . Si basa sull’uso di un algoritmo di campi di flusso per imitare il movimento ondulatorio dei coralli, simile a quello del mare, con colori, numero di pannello, durata del ciclo di oscillazione, lunghezza e densità dei coralli casuali.

L’arte generativa basata sui dati
I due elementi principali per creare la caratteristica di un’opera d’arte basata sui dati sono: il caso e la rarità. Un’artista multimediale di nome Nathalie Miabach incorpora dati meteorologici da lei stessa registrati per creare splendidi cesti e persino spartiti musicali. Queste creazioni attingono ai dati per raccontare la loro storia. Intitolata “Jordan Basin Buoy”, la scultura del 2008 di Nathalie Miabach, traduce i dati rilevati dalle boe di un luogo specifico per comprendere perché le balene franche hanno iniziato a radunarsi nella baia di Fundy. Bello, vero?
Poi c’è una delle opere che mi piace di più, che si trova stata esposta al Renwick Smithsonian di Washington. La grande e colorata installazione di fibre e luci di Janet Echelman utilizza i dati raccolti l’11 marzo 2011, in seguito al terremoto e allo tsunami di Tohoku, per esplorare temi riguardanti il passare del tempo e il nostro pianeta in cambiamento.

Come utilizzano i dati gli artisti delle opere in mostra su Decode e nei vari musei?
Ogni artista ha completa libertà di utilizzare i dati come più desidera. Sia per stabilire correlazioni dirette con determinate caratteristiche, sia semplicemente come fonte di ispirazione. Anche le visualizzazioni di dati, come grafici e diagrammi, possono essere considerate una forma di arte basata sui dati. Infatti, comunicano efficacemente una storia, proprio come l’arte.
L’esibizione del London’s Decode: Digital Design Sensations ha catturato l’interesse degli appassionati del mondo dell’arte. Si tratta di un mondo in continua evoluzione, iniziato già nel lontano 2010. Attraverso installazioni interattive su larga scala e piccole grafiche su schermo, sono stati presentati gli ultimi sviluppi nel design digitale e interattivo.
Non è stata la prima mostra nel suo genere, ma di sicuro una tra le più interessanti. Sono stati presentati 3 diversi temi. Code ha presentato opere che utilizzano il codice informatico per creare nuove opere e ha anche analizzato come il codice può essere programmato per creare opere costantemente fluide e in continua evoluzione.
Network si è concentrato su opere che commentano e utilizzano le tracce digitali lasciate dalle comunicazioni quotidiane e ha esaminato il modo in cui le tecnologie avanzate e Internet hanno reso possibili nuovi tipi di interazione sociale e mezzi di autoespressione. Poi, l’interattività, che riguardava opere direttamente influenzate dall’osservatore. Ogni visitatore era invitato sia ad interagire che a contribuire direttamente con le opere.